Cybercrimine: gli italiani lo temono ma non si proteggono a sufficienza

 

Circa la protezione dal cybercrimine, in Italia siamo ancora indietro. Che il furto di dati personali sia pericoloso gli italiani lo sanno però si tutelano poco e male, non valutando appieno i rischi della condivisione di informazioni sensibili.

Secondo lo studio
dell'Osservatorio Cermes Bocconi-Affinion la protezione avviene in modo elementare e a volte contraddittorio. Il 67% degli italiani, ad esempio, non cambia le proprie password di frequente. "Siamo poco consapevoli della dimensione del patrimonio dei nostri dati personali".

Lo studio ha chiesto agli italiani cosa ritengano faccia parte dei propri dati personali e quali siano la rilevanza e il rischio del loro furto.
I "fiduciosi" sono il 15% e usano per esempio password complesse e verificano l'attendibilità dei siti di e-commerce - ma sottovalutano la dimensione del proprio patrimonio informativo.

Il 38%, pur considerando alto il rischio della sottrazione di dati usano misure di tutela elementari.

La navigazione sul web è considerata molto pericolosa, mentre si pensano un pò meno pericolosi l'uso delle informazioni in ambiente mobile - come l'inserimento di dati via telefono - e l'uso in ambiente reale, come il dare la carta di credito al cameriere; infatti e
ffettuare un pagamento online può essere molto più sicuro rispetto a lasciare la propria carta di credito in mano ad un esercente. Così sono stati frodati il 40% dei rispondenti che sono stati in grado di scoprire com’è avvenuto il furto.

Il 69% si protegge mentre digita i pin, il 67% tiene i pin separati dalle carte, il 59% non comunica le proprie password. Però soltanto il 33% le cambia frequentemente, il 37% ne costruisce di complesse e il 38% paga online solo con carte prepagate. Il 77% non possiede un database protetto dei propri dati personali.

Il sospetto che emerge è dunque che, se da un lato gli italiani sono molto preoccupati dei danni che possono subire online, dall’altro non abbiano una piena consapevolezza di tutti i reali rischi della rete. Ciò è vero, in particolar modo rispetto al mondo dei social network: basta pensare che solo un terzo degli utilizzatori di social network ne modifica le impostazioni sulla privacy per limitare la condivisione delle proprie informazioni personali . Eppure il caso di una signora che ha visto il proprio nome associato a contenuti pornografici, ci insegna che forse è giunto il momento che gli italiani scoprano che i cybercriminali potrebbero non limitarsi ad attaccare il loro portafoglio, ma danneggiare un altro bene, altrettanto prezioso: la loro reputazione.